In queste feste di Natale vorrei proporre una riflessione a partire da un personaggio, il Grinch.
Il Grinch odia il Natale e odia tutti quelli che amano il Natale. Vive isolato in una caverna e cerca ogni espediente per fermare il Natale, le canzoni, i regali, le feste in famiglia, le luci e le case addobbate. Per farlo escogita un piano alquanto audace, si traveste da Babbo Natale, traveste il suo cane da renna ed entra in ogni casa rubando i regali, gli addobbi e gli alberi di Natale, nell’illusione di fermare questa festa. Alla fine la gente del paese in cui vive si trova spogliata di tutti i simboli del Natale, ma, imperturbabile, si riunisce e comincia a cantare, tutti insieme, in coro, uniti. Il Grinch, spiazzato, in un primo momento non comprende come mai non sia riuscito a fermare il Natale e riflettendo e pensando realizza che il Natale non sono le luci, non sono i doni, non sono gli alberi addobbati, il Natale è ben altro, e, improvvisamente, il suo cuore, intirizzito, gli cresce nel petto, fino a diventare tre volte più grande. Decide di rimettere a posto quanto aveva sottratto ed egli stesso, trasformato, si unisce alla festa in un senso di vicinanza e appartenenza.
La dissonanza emotiva
Quello che mi colpisce di questa storia è che noi stessi siamo tutti un po’ Grinch a volte. Come il Grinch infatti potremmo odiare il Natale, potremmo odiare quel sentimento di festa e di bontà da cui siamo circondati «A Natale siamo tutti più buoni si dice».
Ma perché?
Il Natale, da un punto di vista psicosociale, credo che possa considerarsi un «clima emotivamente condiviso», che si realizza e si esprime in feste (in ufficio e in famiglia), doni, momenti in compagnia, auguri, film natalizi e chi più ne ha più ne metta.
Tuttavia a Natale possiamo anche sentirci tristi, soli, delusi, possiamo non aver voglia di vedere persone, ma questi sentimenti non sono socialmente ammessi, il mondo intorno a noi ci dice che dobbiamo stare in compagnia, la pressione sociale ci impedisce di provare emozioni negative.
Se siamo tristi siamo sbagliati, se siamo arrabbiati siamo sbagliati e non possiamo non amare il Natale!
Tutto questo diventa frustrante e con la frustrazione sorge la rabbia. Frustrante perché possiamo sentirci incompresi, non riconosciuti e ciò, per evitare l’isolamento sociale, ci porta a dover fare un lavoro emotivo in cui contenere le nostre emozioni negative e, possibilmente, sostenere emozioni positive in pubblico secondo il vecchio detto del fare buon viso a cattivo gioco.
Il sentirsi dissonanti rispetto al clima emotivo che si respira ci può fare sentire inadeguati, manchevoli e per questo tristi, fino ad essere irritabili e rabbiosi, come il Grinch appunto (come si vede nel video più sopra), e a voler evitare il contatto o a mal tollerarlo (il Grinch vive in una caverna).
Resistere al Grinch o resistere al Natale?
Sembra che sia difficile uscire da questa dissonanza emotiva. Le opzioni che ci si parano davanti sono quelle di resistere al Natale e sentirsi soli o resistere al Grinch dentro di noi e tradire i nostri sentimenti.
Per questo il Natale credo che sia un periodo ancora più difficile per chi soffre emotivamente, ma al tempo stesso è un periodo che ci chiede un cambiamento.
Credo che una via di mezzo sia il fatto di accettare che possiamo essere tristi, che possiamo non sentire lo spirito del Natale, senza per questo sentirci sbagliati, ma al tempo stesso anche accettare che riconoscere in altri che c’è ed esiste uno spirito di gioa non significa tradire noi stessi nel momento in cui ci sentiamo tristi.
Le emozioni sono difficili da regolare, come abbiamo visto, ma è ancor più doloroso resistere e rimanervi attaccati, e allora, in questo Natale, credo che possiamo concederci di sentirci Grinch e, forse, anche condividere questo con altri Grinch come noi o con chi, nell’accettazione dell’altro, Grinch non è, ma non dà neppure per scontato che qualcuno lo possa essere.
La chiave forse per un buon Natale è condividere con chi conosciamo e di cui ci fidiamo, il nostro essere Grinch, accettarlo, ma anche lasciarlo andare, senza doverlo combattere, ma senza neppure rimanervi imprigionati pensando di tradire noi stessi se condividiamo aspetti sociali ed emozioni positive con le persone che ci circondano. Potremmo essere sorpresi dal venirne contagiati.
Condividere il momento presente ci aiuterà a non sentirci soli e isolati e, forse, me lo auguro, porterà un po’ di positività e sollievo, pur sapendo che la solitudine può non abbandonarci totalmente.