Abbiamo visto cosa sono le emozioni e come possiamo regolarle e cosa significa anche non riuscire a farlo. Perdere il controllo dei propri stati emotivi o non riconoscerli comporta vissuti di ansia, comportamenti disfunzionali e dannosi per noi stessi e per gli altri.

A volte ci sentiamo anche sovraccaricati, sia emotivamente sia cognitivamente, ovvero soverchiati da innumerevoli pensieri. È difficile fermarsi e ci sembra che l’ambiente esterno continui a chiedere senza sosta al punto da ritrovarci in una condizione di emergenza e allarme costanti.

Tutto questo comporta uno stato di stress, oltre a un turbinio di pensieri che può sfociare anche nella cosiddetta ruminazione: un treno di pensieri che si ripete senza sosta nella nostra mente su un problema che ci assilla, o anche in modalità di pensiero catastrofico, in cui per ragionamenti successivi, ci ritroviamo a pensare a un futuro pieno di disastri irreparabili. Un esempio semplice di pensiero catastrofico può essere questo: devo fare un certo lavoro e comincio a pensare quanto sia complesso e che non ho le capacità, che alla fine si verrà a sapere quanto sono incompetente, che il mio collega o superiore si lamenterà, che verrò rimproverato e a quel punto magari mi potrebbero sanzionare se non peggio: licenziare! Questa è una catena irrealistica che però sembra a volte inarrestabile con conseguenze appunto catastrofiche e relativi vissuti di ansia, di perdita di controllo e di inefficacia.

Da una parte dunque l’ansia deriva (soprattutto, ma non solo) dalla mancanza di consapevolezza delle nostre emozioni, dall’altra si può esprimere anche con una serie di pensieri veloci, automatici, che sembrano a volte vivere di vita propria.

Riuscire a spezzare questi automatismi non è certo facile e attiene a una dimensione che ha a che fare con la lentezza, ma anche con la consapevolezza e la capacità di creare uno spazio tra quanto proviamo emotivamente e il nostro comportamento. Fermarsi significa, come dice Amadei nel suo importante volume sulla Mindfulness, «Premere il tasto pausa».

Respirare, spostare l’attenzione sul momento presente, sul proprio corpo, sul proprio respiro è un modo per premere questo tasto e la Mindfulness può essere uno strumento utile.

Cos’è la Mindfulness

La Mindfulness non è una religione, non è una fede, non è uno svuotare la mente, non è neppure un essere assorbiti totalmente in un’unica attività da dimenticare il resto del mondo intorno a noi. La Mindfulness è al tempo stesso una pratica e un costrutto psicologico sviluppato in occidente da Kabat-Zinn, che ha aperto un filone di ricerche sull’efficacia della pratica della Mindfulness per la gestione dello stress, fino ad arrivare a realizzare un programma chiamato MBSR (Mindfulness-based Stress Reduction).

Il concetto di Mindfulness ha radici lontane, nel pensiero buddhista, resa attuale nella sua definizione come un costrutto psicologico composto da più elementi:

  • la focalizzazione, ovvero l’attenzione orientata a un particolare oggetto o azione (può essere una qualsiasi cosa: da un albero, a un panorama, a un monumento, oppure un particolare odore, un particolare gusto o suono);
  •  la concentrazione sul momento presente, sul qui e ora, senza spostamenti sul passato o fughe verso il futuro;
  • il non giudizio, ovvero la capacità di osservare ciò che accade per quello che accade, senza doverlo categorizzare, inserire all’interno di propri pregiudizi, o giudicarlo secondo propri parametri e criteri di valori;
  • la consapevolezza, ovvero la coscienza dei propri sentimenti ed emozioni;
  • la non reattività, ovvero la capacità di non rispondere in modo automatico a stimoli esterni e interni, ma, appunto fermarsi e sostare, prima ancora che reagire.

La Mindfulness è un costrutto complesso, che tuttavia ha sviluppato tecniche per poter interrompere automatismi che possono portare sofferenza ed ansia nella nostra vita.

Per certi versi, come ben indica un altro studioso, Lamberto Maffei, nel suo volume Elogio della lentezza, viviamo in un mondo che ci sprona a utilizzare risposte veloci, automatiche, ad utilizzare quello che gli studiosi di psicologia indicano come la via veloce del pensiero. Le sollecitazioni tecnologiche, le comunicazioni, le offerte continue da cui siamo bombardati ci dicono di rispondere subito, non sembra quasi possibile poter dire: «Grazie. Adesso ci penso».

Oggigiorno tutto deve essere immediato, le offerte scadono a breve (per poi ritornare magicamente poco dopo), ma anche alle mail dobbiamo rispondere subito, o ai messaggini. Tutto questo sollecita un sistema di automatismi che sono molto vicini a quelli del treno dei pensieri negativi di cui parlavamo all’inizio.

Siamo tuttavia dotati anche di un altro tipo di pensiero, quello lento, legato al ragionamento e, come fa sempre notare Maffei, al linguaggio. La Mindfulness fa appello a questo secondo sistema e, nella pratica, fornisce le condizioni proprio per sviluppare un atteggiamento consapevole, riflessivo e, ritengo, resistente alla disregolazione emotiva.

Sviluppare capacità di consapevolezza, di mantenersi radicati nel presente, di attenzione focalizzata, di non giudizio automatico e immediato su quanto ci succede non significa fuggire in un fantomatico e illusorio nirvana, tutt’altro, significa poter vivere appieno la propria vita nell’esperienza attuale, in piena libertà e responsabilità, poiché la consapevolezza dei propri sentimenti, gioie o paure che siano, significa la conoscenza profonda di sé da cui derivano decisioni altrettanto profonde rispetto a se stessi. Conoscere i nostri bisogni ci permette infatti di orientarci e definire cosa è per noi importante.

Come fare per premere il tasto pausa?

La Mindfulness è anche una pratica, che ha il suo inizio in alcuni semplici passi per fermarsi che vi chiederei di leggere e rileggere almeno 2 volte prima di continuare:

  • sedersi su una sedia o sul pavimento a gambe incrociate e in posizione eretta;
  • chiudere gli occhi o fissare un punto nel vuoto davanti a voi, senza lasciarvi distrarre dall’ambiente o dagli oggetti intorno;
  • prendere consapevolezza dei piedi appoggiati al pavimento, delle natiche in contatto con il sedile, della schiena appoggiata allo schienale della sedia,
  • concentrarsi sul proprio respiro inspirando ed espirando;
  • fare attenzione ai punti del corpo collegati al respiro, all’aria fresca che entra e a quella calda che esce, al petto che si alza e si abbassa, al punto in cui entra l’aria, al punto dove si alza il petto, al punto dove si dilata la pancia; concentrarsi su uno di questi punti, quello che vi viene più naturale, uno solo;
  • percepire il respiro ponendoci attenzione, all’inspirare e all’espirare, all’inspirare e all’espirare, volta dopo volta, momento dopo momento,
  • disegnare sul volto un leggero sorriso;
  • lasciare andare. Se, come è probabile e normale, pensieri si affollano alla mente, non indugiate su essi, ma provate a guardarli dall’esterno e, una volta visti, provate a lasciarli andare, tornando a focalizzarvi sul respiro.

Pochi passi, ma tutt’altro che semplici, per iniziare, magari 5 minuti, poi 10 e via via un po’ di più, tutti i giorni, costantemente, per premere il tasto pausa appunto.

Mindfulness e consapevolezza quotidiana

La Mindfulness in ogni caso non è solo questo, ma ben di più, si articola secondo diverse pratiche formali e informali per giungere a sviluppare un livello di consapevolezza e comprensione di sé, per vivere l’esperienza in pienezza. Gran parte delle pratiche mindfulness sono infatti orientate alla consapevolezza di quanto facciamo tutti i giorni, al punto che si può parlare di passeggiare mindful, guidare mindful, mangiare mindful… in altre parole vivere mindful.

Un esempio di momenti mindful nella giornata e al tempo stesso di pratica informale è rappresentato da quanto scrive Saki Santorelli descrivendo una giornata di lavoro consapevole (o mindful appunto). Ecco un breve stralcio:

1. Al risveglio, prenditi qualche momento per diventare consapevole del mondo attorno a te. Senti come è il letto, osserva quanta luce c’è nella stanza, ascolta i suoni. Entra in sintonia con il respiro.

2. Fai del tempo della colazione un’opportunità di pratica; concediti un paio di minuti: percepisci il calore della tazza, l’aroma della bevanda, il sapore di quello che mangi. Ascolta tutti i rumori attorno a te. […]

4. Se devi camminare per raggiungere un mezzo di trasporto, fallo consapevolmente: percepisci il contatto dei tuoi piedi sul terreno e i movimenti delle gambe e delle anche. Nota com’è il respiro. E poi allarga il cerchio dell’attenzione così da prendere in considerazione tutto il mondo che ti circonda, lì dove sei. Se la mente comincia a vagare sugli impegni della giornata, ricordati che ti sei concesso qualche minuto solo per te stesso, per rinfrescare la tua mente e renderla pronta a impegnarsi sui problemi futuri proprio a partire dal renderla presente, ora. […]

6. Se devi usare l’automobile, quando sei seduto al posto di guida fermati per qualche momento a connetterti con il tuo corpo e il respiro e poi inizia a guidare con consapevolezza.

7. E mentre sei alla guida verifica periodicamente se si sta sviluppando della tensione dentro di te, forse le tue mani sono aggrappate al volante, forse le tue spalle sono incurvate, il tuo stomaco è contratto. Prova a lasciar fluire il respiro dentro ogni parte irrigidita, ad ammorbidirla. Essere contratti non fa di noi dei migliori guidatori, anzi.

8. E se ti viene l’impulso di accendere la radio, prova a non assecondarlo, ma a rimanere con la complessità del momento che stai vivendo, con quello che pensi, che senti e che percepisci e a cogliere come ogni cosa muta momento dopo momento. Fai attenzione a come cambia il paesaggio esterno. Resta presente all’esperienza di stare guidando. […]

13. Quando sei seduto al tuo posto di lavoro, dedica periodicamente un po’ di tempo ad ascoltare il tuo corpo. Se trovi delle tensioni prova a portare il respiro attraverso di esse e a lasciarle ammorbidire.

14. Quando hai delle pause di lavoro, invece di metterti a chattare o a leggere il giornale, fai una vera pausa: allontanati, ad esempio, dal computer, fai una breve camminata per sgranchire il corpo e se puoi esci all’aperto. […]

18. Prima di tornare a casa riconosci il lavoro che hai fatto, quello che ti riprometti di fare per il giorno successivo e se puoi cerca veramente di staccarti dal lavoro. Forse per oggi hai fatto davvero abbastanza. [S. Santorelli cit. in G. Amadei, Mindfulness. Essere consapevoli, Bologna, Il Mulino, 2013, pp. 118-119].

È un buon inizio, come pure approfondire il tema a partire dal volume di Gherardo Amadei.