Come un Tir
Immaginate un Tir, un enorme e luccicante bisonte della strada, che viaggia spedito e costante sull’autostrada, dritta, piana e spaziosa, nessuno davanti, nessuno dietro, solo con il suo grande rimorchio a pieno carico. Velocità costante, l’autista vigile, attento, soddisfatto della sua andatura, in pieno controllo del suo mezzo.
All’improvviso, l’autista si accorge di una deviazione brusca, non troppo lontano da lei o lui, ma che non può evitare, a quel punto preme il pedale del freno con tutta la sua forza, le ruote stridono sull’asfalto, l’Abs si attiva, scala le marce e cerca di rallentare il più velocemente possibile, di fermarsi, passano i minuti, ma alla fine si ferma, non dove avrebbe voluto, molto più avanti. Il carico pesante ha aumentato lo spazio di frenata di parecchio, tantissimo, scende e vede la lunga striscia nera lasciata sull’asfalto dagli pneumatici, davanti a lui un segnale di limite di velocità molto inferiore a quella che aveva, risale e lentamente riparte, mantenendo il limite.
Ora immaginate che quel Tir rappresenti il vostro essere e la vostra vita, l’autista siete voi, la motrice il vostro Io (o Sé), ovvero la rappresentazione che avete consapevole e lucida di voi stessi, dei vostri atteggiamenti, dei valori, dei bisogni, delle aspirazioni che vi guidano nelle scelte della vostra vita, e il rimorchio la vostra vita intera, la quotidianità dei giorni che passano nelle vostre attività di lavoro, di studio, di divertimento e vacanza, di impegni definiti e prevedibili, con amici, con parenti, con compagne e compagni di vita, con genitori e figli.
La vostra motrice è sempre e comunque potente, capace di trascinare il vostro rimorchio senza sforzo, come nulla fosse, per quello è stata costruita, tanto che, guidandola, vi siete dimenticati del rimorchio stesso, che è parte di voi in tutto per tutto, voi siete infatti tutto il Tir e non il rimorchio o la motrice, fintanto che non vi trovate a dover frenare, allora il rimorchio della quotidianità diventa improvvisamente pesante, e l’inerzia tale da rendere difficile il rallentare e fermarsi in spazi stretti.
Come avrete intuito, la deviazione sulla strada non è altro che una situazione di emergenza, oggi più che mai rappresentata da questa pandemia, dal Cornonavirus (Covid-19), ma può essere un qualsiasi altro evento, anche personale e non così generale, ugualmente critico, da una leggera malattia che può impedirvi di uscire di casa a qualcosa di molto più grave e radicale che rompe e interrompe il flusso di vita (come sta accadendo oggi).
Perché facciamo fatica a cambiare velocità
Le routine della nostra vita, le abitudini consolidate, sono come la corrente elettrica, ovvero non ce ne accorgiamo e non sappiamo quanto siano per noi importanti e di quanto ne abbiamo bisogno fintanto che non vengono a mancare, come appunto fintanto che non rimaniamo al buio non ci accorgiamo quanto siamo dipendenti dall’energia elettrica.
In verità la nostra vita sono le nostre routine, noi riusciamo ad avere una idea di noi stessi coerente e continua nel tempo proprio grazie ad esse. La routine diviene noia solo nel caso in cui sia al di sotto delle nostre capacità di portarla a termine, così a quel punto cerchiamo un cambiamento, che tuttavia comporta la costruzione di una nuova regolarità in cui ci identifichiamo. Ligabue, in una sua famosa canzone, Vivo morto o X, recita in un passaggio:
Il sabato la spesa
E il giorno dopo in chiesa
E sei un po’ nervoso ed un motivo ci sarà
Le abitudini regolari, come andare a fare la spesa il sabato, perché durante la settimana si lavora, e che prendono meno energia di quanta ne abbiamo creano un senso di noia e di frustrazione, ma può succedere anche il contrario, come sta accadendo oggi, ovvero eventi di una gravità così grande che spezzano le nostre routine inconsapevoli, ma non riusciamo a fermarle, almeno per un certo periodo di tempo.
In questi giorni molti sono i casi in cui persone, non solo giovani, ma anche, e soprattutto, anziane, non hanno rispettato le restrizioni del Decreto ministeriale che impone di limitare i propri spostamenti solo per validi motivi di lavoro, salute o di aiuto a persone non autosufficienti. Impone sostanzialmente di rimanere a casa e vieta gli assembramenti. Tuttavia, abbiamo avuto casi di pensionati che si sono ugualmente trovati al bar a giocare a carte, casi di persone che hanno continuato gli aperitivi in compagnia, casi di studenti che si assiepavano fuori dai bar nei luoghi della movida delle cittadelle universitarie.
Spesso ho sentito attribuire questi comportamenti a senso di onnipotenza dei giovani (e non solo), a forme di esorcizzazione del pericolo, a incapacità di accettare i limiti. Certo sono tutti motivi plausibili ed esatti, ma non unici, molto credo che dipenda dalla difficoltà a fermare il proprio Tir, dal peso del rimorchio delle routine e delle abitudini, da una inerzia che deriva dall’enorme sforzo psicologico che viene richiesto a ognuno di noi di riadattare il proprio tempo e i propri comportamenti, e con essi tutto il proprio essere, a nuove esigenze ambientali, a nuovi comportamenti, a nuovi modi di vivere.
La minaccia della propria salute non è certo qualcosa da ignorare, ma nella nostra mente non è sempre facile accettare che dobbiamo cambiare le nostre abitudini, la nostra routine, ed è ancora più difficile se la nostra esistenza è stata lunga, per cui il nostro rimorchio è ben più grande e pieno di routine, come accade quando siamo più anziani.
L’inerzia degli italiani a mio avviso non è stata troppo lunga, per altre nazioni europee è ben più lunga, lo spazio di frenata mi sembra molto buono e i freni davvero efficienti ed efficaci, a vedere quanto sta effettivamente accadendo, e di questo credo che dobbiamo andare tutti fieri e darcene credito.
Tempo e cambiamento. Cosa davvero ci viene chiesto
Nei giornali, su internet e alla televisione i commentatori sottolineano quanto questo tempo sospeso e di forzato rallentamento per le famiglie e tutte le persone sia un’occasione per recuperare relazioni tra partner e famigliari conviventi, godere delle proprie figlie e dei propri figli, avere tempo per sé e per accrescere la propria cultura. Ma perché continuo a sentirmi in gabbia? Perché sono arrabbiata o arrabbiato? Perché è così difficile decidere e comunicare alla mia azienda che, nei modi concordati, smetto di venire al lavoro e farò smart working o prenderò le ferie?
Certo, ci sono ragioni economiche, da non mettere in secondo piano, soprattutto per chi ha un lavoro autonomo e libero professionale, ma non solo, chiunque si trova a subire perdite, ma è anche vero, seguendo quanto detto prima, che quello che viene stravolto è l’organizzazione di tutta la nostra vita e del nostro tempo.
Le routine non solo danno continuità al Sé, ovvero ci fanno percepire come esseri coerenti e costanti, esse organizzano anche il nostro tempo, danno una struttura alla nostra identità e al tempo vissuto (di cui ho parlato in questo post). La rottura delle nostre routine richiede la necessità di riorganizzare pertanto non solo il proprio tempo in modo adeguato alle nuove esigenze, ma anche – e direi soprattutto – l’idea di noi stessi. Questo è un grande cambiamento che ci viene chiesto ora, subito, e che non sempre riusciamo a fare: la nostra prima reazione è fare come si è sempre fatto, resistiamo e non modifichiamo immediatamente i nostri comportamenti e le abitudini, ma tentiamo di mantenerli il più possibile inalterati.
Che fatica riprogettare
Vivere significa anche avere progetti (una delle dimensioni della felicità come ho analizzato qui), avere progetti significa organizzare il tempo, e organizzare il tempo significa avere un senso di controllo.
La relazione progettualità-tempo-controllo è ben rappresentata da questo spezzone di una commedia con Hug Grant, About a boy e che riporto più sotto. Hugh Grant è Will Freeman, un giovane quarantenne che, grazie all’enorme successo di una canzone di Natale scritta da suo padre, vive di rendita, con i proventi dei diritti della canzone che viene suonata e cantata ovunque nel periodo natalizio, non lavora e non gli manca nulla: auto sportiva, bella casa, nessun dovere, nessuna responsabilità. Questa vita è totalmente priva di impegni, ma, nonostante questo, anche Will ha bisogno di trovare il modo di riempire il tempo, e decide di farlo suddividendolo in unità che alloca a una serie di attività, come potete vedere nella seguente clip.
Il tempo organizzato in funzione di obiettivi ci porta un grande benessere, essere ricchi di tempo non è sufficiente, è importante, per stare bene, poter investire questa ricchezza in attività.
Ma non sempre abbiamo chiaro quali sono gli obiettivi in cui investire. In questo momento storico è come se improvvisamente fossimo diventati tutti ricchi di tempo, ma non avessimo modo di investirlo.
Stanno fioccando «consigli di spesa» da tutte le parti, non mi aggiungo alla moltitudine, perché ho fiducia che nella consapevolezza di ognuno di noi di questa ricchezza stia anche la capacità di trovare il modo di allocarla, ma prima di farlo è necessario essere consapevoli che, forzatamente, ci siamo trovati ad aver disinvestito il nostro tempo, allocato fino a ieri a mandare avanti la nostra vita e le nostre routine.
Allora che fare?
Alla fine di questa riflessione provo a tirare le fila proponendo qualche considerazione, mi rendo conto generica, spero tuttavia utile ed efficace come in fondo in parte riesce ad essere efficace Will Freeman nel trovare soddisfazione nella propria vita quotidiana (non troppo, come capirà chi vorrà vedere tutto il film).
Ecco alcune riflessioni votate a gestire le proprie routine tentando dove possibile di mantenerle e dove non si può di riorganizzarle:
- Pensate alla vostra giornata come a una tabella oraria da riempire con momenti di studio, lavoro e tempo libero: scanditeli, organizzateli, in modo da avere consapevolezza che a una certa ora una cosa è finita e ne comincia un’altra. Questo significa porvi degli obiettivi, per uno studente il numero di pagine da leggere e studiare per la prossima lezione on line, per chi lavora una lista di cose da fare divise per giornata e settimana.
- Per chi lavora da casa, vestitevi: non rimanere in pigiama, vestaglia o tuta da casa, ma fatelo solo quando lo fareste in tempi normali al rientro dal lavoro (sempre che siate così abituati) o nel tempo libero. Tutti noi inconsapevolmente riceviamo feedback da noi stessi a cui ci adeguiamo: se siamo in tuta a casa, inconsciamente ci percepiamo come non al lavoro o malati o in vacanza, in tempo di non attività, e avremo sentimenti associati, spesso di indolenza. Se mi vesto come se dovessi uscire per andare a lavorare o a scuola, reagirò in automatico a quel contesto.
- Tenete separati i giorni di lavoro/studio dai giorni di festa: non lavorate quando nella normalità sareste in riposo e viceversa.
- Il tempo libero è tale se viene conquistato, per tutti noi, per cui va programmato e deve avere un inizio e una fine, come il tempo di lavoro e di studio.
- Sconnettetevi nei giorni di riposo (week-end per molti, ma non per tutti), non rispondete a mail quando siete ufficialmente in ferie. Anche questa è una tentazione da inerzia da routine, non è per nulla facile, perché ci fa sentire di fare qualcosa, di avere controllo, ma è illusorio; alla fine si crea un flusso ininterrotto di lavoro e di tempo non segmentato e disorganizzato.
- Per quanto possibile fruite di passatempi attivi, o almeno più attivi che passivi. Se amate i videogiochi non è per forza un male, cercate un gioco che vi agganci nel perseguire uno scopo, che abbia missioni, vi darà soddisfazione maggiore che non scorrere i social. Leggete, cosa che richiede uno sforzo. Contenete la fruizione passiva, come la televisione (il «binge watching» di serie tv e film), questo tipo di passatempo potrebbe lasciarvi con un po’ di amaro in bocca e la sensazione di aver buttato via il tempo.
- Non rinunciate all’attività fisica, sfruttate anche qui la tecnologia: molte sono le applicazioni per smartphone che propongono esercizi fisici, adeguati e più o meno leggeri, che si possono fare in casa, e vi sono su youtube interi canali dedicati all’attività fisica per tutte le esigenze (età, stato di forma e peso). Va sempre evitato un esercizio non coerente con le proprie condizioni di salute e di età. Muovervi aiuterà a sentirvi efficaci.
- Attenti al cibo. In queste situazioni di stress si tende a mangiare di più e a muoversi di meno. Aumenta il desiderio di dolci.
- Attenti a gestire le emozioni negative. La frustrazione e la rabbia, il senso di impotenza possono generare comportamenti anti-salute, come aumento del consumo di fumo e alcol, da evitare. (Sulla regolazione delle emozioni potete leggere questo mio post.)
- Usate la luce. Ormai i giorni si stanno allungando e la primavera è alle porte. La luce è importante per il nostro corpo e per il nostro spirito, perché aiuta l’umore positivo. Cercate di stare il più possibile alla luce, anche quando siete in casa: vicino alla finestra, sotto un abbaino, bene la luce naturale, ma anche quella artificiale.
È un momento straordinario della nostra storia, per tutti noi, di qualsiasi generazione, giovani, adulti, anziani, nessuno ha mai avuto un’esperienza simile. Ha rotto le nostre routine e questo ci può spaventare, certamente, ci frustra, altrettanto sicuramente, ci porta a tentare di ripristinare le nostre abitudini, ma quanto prima accetteremo quanto non possiamo controllare e riusciremo a gestire quanto sotto il nostro controllo, a riprogrammare ripartendo da noi, tanto prima recupereremo il nostro benessere e sono convito che sarà così. Ce la faremo.